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L’introduzione del Pap-test come screening fin dagli anni 50’ ha fortemente ridotto l’incidenza del
tumore della cervice uterina.
Il PAP test è un esame indolore e viene eseguito nel corso della normale visita ginecologica con il prelievo delle cellule poste sulla superficie del collo dell’utero e del canale cervicale, mediante una spatola ed uno spazzolino. Il materiale prelevato viene poi fissato su un vetrino e inviato in laboratorio per valutare la presenza di cellule anomale.
L’HPV DNA TEST
I progressi della ricerca (associazione tra neoplasie ed infezione da Papillomavirus, in sigla HPV) e quelli delle tecniche diagnostiche (in particolare lo sviluppo di test molecolari) hanno modificato questo approccio. A oggi è infatti disponibile un’ulteriore metodo di screening, l’HPV DNA test, che permette di rilevare la presenza di DNA di ceppi di HPV ad alto-medio rischio, prima ancora che le cellule del collo dell’utero presentino alterazioni riscontrabili con il Pap-test.
PERCHÉ EFFETTUARE IL TEST HPV-DNA
È stato dimostrato che il tumore del collo dell’utero nel 99% dei casi ha come causa l’infezione da Papillomavirus e che circa l’80% delle donne contrae l’infezione nel corso della propria vita. Circa i 3/4 delle infezioni da HPV si risolvono spontaneamente in 1-2 anni senza causare lesioni uterine; le rimanenti danno invece luogo a infezioni persistenti ed eventualmente a lesioni precancerose che, se non identificate e trattate opportunamente, possono progredire nell’arco di 10-15 anni a tumori cervicali. Nella piccola percentuale di donne in cui l’infezione diventa persistente, soltanto una parte sviluppa le lesioni che precedono il cancro invasivo. Il processo tumorale è in genere lento: sono necessari circa 10-15 anni prima che l’infezione da HPV, porti allo sviluppo del cancro. La donna che si sottopone regolarmente ai controlli, ha comunque il tempo necessario per rilevare l’infezione in anticipo e diagnosticare eventuali lesioni precancerose che, se non trattate, potrebbero evolvere verso un tumore invasivo negli anni successivi.
QUANDO FARE IL TEST
L’esame di riferimento per le donne di età compresa tra i 30 e i 65 anni è diventato pertanto
l’HPV DNA test (o più semplicemente HPV test), da ripetersi ogni 5 anni, mentre per le donne tra i 25 e i 29 anni rimane il Pap-test da effettuarsi ogni 3 anni.
Non è raccomandato eseguire il Pap-test prima dei 25 anni. Le infezioni da Papillomavirus sono infatti più frequenti nelle fasce di età più giovani, ma nella quasi totalità dei casi regrediscono spontaneamente. Sottoporsi all’esame precocemente, dunque, esporrebbe le donne giovanissime a controlli di secondo livello e al possibile riscontro e successivo trattamento di lesioni che sarebbero regredite spontaneamente. Lo screening è raccomandato fino ai 65 anni. Oltre questa età, se tutti i Pap-test precedenti sono sempre stati negativi, la scelta di eseguirlo è personale perché il rischio di sviluppare un tumore del collo dell’utero si abbassa considerevolmente.
COME SI EFFETTUA IL TEST HPV-DNA
Per la donna l’esame è identico: sia per il Pap test che per l’HPV DNA si tratta di un prelievo indolore di un campione di cellule del collo dell’utero.
SE IL TEST HPV E’ POSITIVO?
Quando il Test HPV risulta positivo la paziente viene sottoposta al PAP TEST (detto Pap Test di Triage) che permette di vedere se il virus ha già determinato delle anomalie a carico delle cellule del cervice uterine. Se anche il Pap-test presenta delle anomalie , la paziente viene sottoposta a un esame di secondo livello, la Colposcopia, che consente, mediante uno strumento particolare e l’utilizzo di specifiche colorazioni, una visione ingrandita del collo dell’utero e delle eventuali lesioni rilevate con il test di screening. Nel caso in cui l’esame colposcopico evidenzi la presenza di aree anomale, si procede ad una biopsia. Se la lesione precancerosa viene confermata, la si asporta con procedure micro-chirurgiche eseguite ambulatorialmente e in anestesia locale (conizzazione).
Non tutte le lesioni pretumorali necessitano tuttavia del trattamento. Le lesioni di basso grado, infatti, hanno un’alta probabilità di regredire spontaneamente. È per questo, soprattutto nelle pazienti giovanissime, che generalmente si preferisce monitorarle nel tempo anziché intervenire. Questa condotta, definita di attesa, serve a evitare interventi invasivi che si potrebbero dimostrare inutili. Nel caso in cui, invece, la lesione di basso grado persista, o sia riscontrata una lesione di alto grado confermata anche all’esame istologico, è raccomandata l’asportazione.
Se il Pap test di triage invece è negativo, cioè non mostra alterazioni cellulari, la donna sarà invitata dopo un anno ad eseguire un nuovo test HPV. La maggior parte di queste infezioni regrediscono spontaneamente nell’arco di 12 mesi, e solo le donne che dopo un anno avranno ancora il test HPV positivo per la persistenza dell’infezione saranno invitate a fare la Colposcopia.
VACCINO HPV E SCREENING
È raccomandato a tutte le donne che si siano sottoposte a vaccinazione anti HPV di aderire ugualmente allo screening. Sono stati identificati circa 200 ceppi differenti di HPV, e i vaccini attualmente presenti in commercio offrono la protezione solo contro 9 ceppi, che sono quelli considerati ad alto rischio perché più frequentemente associati all’insorgenza del tumore. Non è escluso per che un ceppo classificato come a basso rischio possa instaurare una infezione persistente e così portare allo sviluppo di lesioni precancerose o di un cancro
invasivo. Quindi vaccinarsi diminuisce il rischio di ammalarsi ma non lo annulla del tutto.
LO SCREENING PRESSO IL NOSTRO CENTRO
Il nostro centro ha aderito a questa tipologia di screening perché crediamo che questo possa rappresentare ragione di sicurezza nella prevenzione delle patologie neoplastiche del collo dell’utero per le nostre pazienti.
Si effettuano, pertanto, contemporaneamente sia il prelievo per HPV-DNA che il PAP-TEST (COTEST) e nelle pazienti con positivita’ degli stessi l’esame colposcopico con eventuale biopsia e lettura dell’esame istologico. Qualora necessario, e comunque dopo discussione con la paziente delle opzioni terapeutiche, è possibile effettuare terapia chirurgica ambulatoriale (conizzazione) in anestesia locale, regionale o narcosi.
dott. Dario Caliandro